"Caffè Zibaldone"

GENOVA per VOI

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    Il Sassello, un mulino ed un whisky da premio

    MulinoSassello_est



    Storia di un antico mulino ad acqua che macina cereali coltivati a “chilometro vero”

    Sì, tutto al Mulino di Sassello è proprio come lo immaginate: un mulino alle porte di un antico borgo ligure immerso nel verde dei boschi, costruito sulle sponde di un torrente e che macina i cereali coltivati nei campi lì vicino, tra Liguria e Piemonte. Una produzione non soltanto a “km zero”, ma a chilometro “vero”.

    Che già un mulino sembra una magia: da una parte entrano acqua e grano, dall’altra esce miracolosamente farina. Ma nel mezzo c’è tanta storia di natura e sapienza. Un mulino potrebbe essere una formula magica se non fosse già qualcosa di antico, una macchina che con la sola forza della natura produce cibo di qualità. E, poi, negli ingranaggi del Mulino di Sassello c’è anche un bel po’ di passione, perchè, anche qui, come in tutti i mulini, c’è un mugnaio, Diego Assandri. L’abbiamo intervistato.
    Che cos’è un mulino, come funziona?
    Il nostro mulino funziona come un tempo, interamente ad acqua, con meccanismi originali del 1830. Maciniamo a pietra i cereali che noi stessi coltiviamo, siamo in autoproduzione totale, tra i pochissimi in Italia.

    Da dove arriva l’acqua?
    L’acqua arriva dal Rio Sbruggia. È un torrente con un regime abbastanza regolare perché ha il fondale in tufo. Inoltre abbiamo un bacino di compensazione che ci permette di operare anche quando il livello dell’acqua è basso. Grazie all’acqua del rio Sbruggia il mulino riesce a fare 60 kg di farina all’ora. Facciamo circa 450 quintali di grano all’anno e maciniamo anche per terzi: il sabato è dedicato ai clienti che vengono da noi a macinare il grano o il mais che hanno coltivato.

    Com’è la vostra farina?
    La nostra farina è leggermente più “ruvida”, paragonabile a una 0/1, come era la farina un tempo. Di colore giallino, va benissimo per qualsiasi uso casalingo. Moliamo anche farro, segale e mais, da cui facciamo la polenta. Non facciamo stock, rispondiamo alle esigenze della giornata.


    macina_acqua

    ingranaggi_mulinoSassello

    Polenta_mulino_Sassello



    E com’è fare il mugnaio? Quanti mugnai ci sono in Italia?
    Mugnai in Italia ce ne sono ancora, ma oggi la molitura è a “cilindro”, mentre io e mio padre Rinaldo probabilmente siamo rimasti gli ultimi a macinare a pietra e ad acqua. Anche le nostre mole sono particolari: sono fatte di pietre francesi, ricavate tra Menton e Ventimiglia, non è semplice trovarle. La vita del mugnaio è semplice: ci si alza presto al mattino e si aziona la macchina. Ma l’acqua è un’energia che c’è sempre, non c’è un interruttore da premere come in tutte le altre macchine di oggi: per far partire il mulino bisogna aprire una serie di chiuse e mandare l’acqua sulla ruota. Poi, attraverso una serie di pulegge e ingranaggi noi siamo in grado di dirottare l’energia della ruota dove ci serve.

    E il whiskey?
    Da poco abbiamo inaugurato la distilleria proprio a fianco del mulino. È la prima in Liguria. Nasce dall’idea di avere un prodotto in più fatto con la farina: oltre a pane, biscotti e pasta, la farina serve anche per i distillati, birra e whiskey. Noi abbiamo cercato di fare un distillato nobile, un whiskey. Ne abbiamo prodotto uno fresco, il “Moonshine”, fatto 100% con mais per la vendita immediata, mentre un altro, fatto con cereali bianchi, farro, segale e grano, lo stiamo imbottigliando ora e sarà pronto tra tre anni.


    whiskey_moonshine_sassello



    Ed ora il botto

    Il whisky ligure prodotto a Sassello si laurea campione del mondo a Londra



    Avrebbe dovuto essere in Sud Africa per una meritata vacanza, ma Diego Assandri, il “mugnaio” del Mulino di Sassello e, da qualche tempo, mastro distillatore, è dovuto volare velocemente a Londra. Il motivo? Il suo Moonshine (un whisky che non si può ancora chiamare tale per via dell’invecchiamento) è diventato campione del mondo ai World Whiskies Awards 2023 nella categoria dei whisky non invecchiati e puri.

    Diego non sta nella pelle: “il Signor Camillo – Moonshine Italiano dei Monti Liguri è Campione del Mondo 2023 nella categoria New Make & Young Spirit London. E’ l’unico distillato ligure a totale filiera corta italiana, è sul mercato da pochi mesi e già si laurea campione del mondo ai World Whiskies Awards 2023. Ovvio che sia contento, è un riconoscimento al progetto sviluppato in tre anni di lavoro, studio, sacrificio e, soprattutto, passione”.

    Il granturco che serve a produrre il distillato è coltivato nei campi di Sassello, a poche centinaia di metri dalla distilleria, e dall’acqua purissima del Rio Sbruggia che lambisce l’antico casolare che ospita botti e alambicchi. Come detto non si può ancora, disciplinari e burocrazia, chiamare whisky, ma in effetti, come gusto, ci assomiglia molto (sarà in vendita con il suo nome, dopo aver trascorso un periodo di maturazione in legno), ma oggettivamente è un’altra cosa, molto piacevole e gradevole.

    La produzione del Moonshine, ovviamente, non è enorme, al momento tremila bottiglie all’anno, ma potrebbero lievemente aumentare. Due le versioni, una trasparente, così come esce dal distillatore, la seconda ambrata, frutto del legno che regala colore e un leggero, quasi impercettibile, retrogusto di torbato che lo avvicina al bourbon statunitense. Sempre in attesa del whisky che, in questo momento, sta invecchiando nelle tre botti che Gamba (azienda che rappresenta le Rolls Royce delle botti) ha realizzato per il Moonshine.

    Diego, che ha dedicato a “Il signor Camillo” (il nonno) la distilleria, racconta ancora come le sue bottiglie, in commercio da pochi mesi, abbiano riscontrato da subito il favore del mercato: “Sono state apprezzate soprattutto nei locali del centro di Genova, utilizzate sia per una clientela che vuole assaporare un distillato unico, sia per i cocktail, apprezzati soprattutto da un pubblico più giovane che sempre più si avvicina all’arte della mixology. A tutti, in ogni caso, raccomando sempre di bere con moderazione e consapevolezza, siamo comunque davanti ad un superalcolico da 40 gradi”, commenta ancora.

    FONTI: lamialigura.it, genova24.it
     
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    Genova, Capitale Italiana del Libro 2023: gli itinerari letterari

    Genova



    Ogni anno, una splendida città italiana viene eletta Capitale del Libro: è l’occasione giusta per promuovere eventi culturali su tutto il territorio, dedicando appuntamenti imperdibili alla lettura e ai più celebri scrittori. Nelle scorse ore, con una cerimonia che si è tenuta presso la sala Spadolini del Ministero della Cultura, è avvenuta l’attesa proclamazione. Per il 2023, il titolo sarà detenuto dalla città di Genova, che nei prossimi mesi metterà in campo numerosi progetti per stimolare la curiosità di cittadini e turisti e invogliarli sempre più alla lettura.
    “Sono commosso, contento e soprattutto orgoglioso” – ha affermato il sindaco Marco Bucci, dopo aver scoperto che la sua città è stata eletta come Capitale Italiana del Libro per il 2023 – “Nonostante quello che è successo negli anni scorsi, siamo riusciti a creare una rete di cultura assolutamente unica di cui siamo orgogliosi”. Partecipando all’iniziativa promossa annualmente dal Ministero della Cultura, la città della Lanterna ha presentato un progetto molto interessante intitolato “Genova a parole spiegate”, che è stato premiato per la sua originalità.

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    Ma quali sono le prime novità che il capoluogo ligure introdurrà per i prossimi mesi, come spunto ai cittadini e ai turisti che desiderano avvicinarsi ancor di più al mondo della lettura? “Investiremo molto nelle biblioteche” – ha dichiarato il sindaco di Genova – “La nostra volontà è quella di aprirle in orari diversi da quelli attuali, come il dopo cena o durante la notte, oltre a portare in città personaggi importanti che possano leggere e raccontare i libri in pubblico o nei teatri”. Tutte iniziative davvero interessanti, che sicuramente vedranno la luce molto presto. Ma ora scopriamo un lato inedito di Genova, seguendo i suoi più suggestivi itinerari letterari.

    Gli itinerari letterari di Genova
    Non c’è modo migliore per visitare Genova, se non seguendo le orme dei grandi scrittori e poeti che di qui passarono, rimanendo incantati da un fascino unico al mondo. Come Eugenio Montale, che nacque proprio nella città della Lanterna: i suoi primi passi li mosse presso corso Dogali, a non molta distanza dal porto e dai suoi panorami meravigliosi. Nel cuore del suggestivo quartiere del Castelletto, c’è ancora una targa a ricordare la casa che lo vide venire al mondo. E in pochi minuti si arriva alla stazione di Piazza Principe, che il poeta frequentò a lungo per raggiungere Monterosso e le Cinque Terre, luoghi che lo ispirarono nelle sue composizioni.

    genova_panorama-3



    Assieme a Montale, gli altri poeti della Riviera Ligure ci hanno regalato splendidi scorci di una città magica. Autori come Giorgio Caproni e Dino Campana ci portano tra gli stretti caruggi del centro storico, alla scoperta di palazzi nobiliari e deliziose chiesette, per poi giungere verso il porto e ammirare l’infinita distesa azzurra del mare. Persino scrittori internazionali come Herman Melville, che visitò Genova solamente per pochi giorni, non poterono fare a meno di rimanerne incantati. L’autore di Moby Dick descrisse con parole magnifiche la sua passeggiata lungomare, l’arrampicata tra le colline che cingono la città e la splendida Lanterna che lo seguiva in lontananza.
    Da ultimo, non ci resta che scoprire i luoghi più amati da un altro grande personaggio genovese: stiamo parlando di Fabrizio De André, uno dei più celebri cantautori italiani che hanno reso grande questa città. Uno dei posti più iconici e strettamente legati all’artista è Villa Saluzzo Bombrini, chiamata anche Villa del Paradiso: vi si trasferì in giovane età assieme alla famiglia, e qui diede il via alla sua carriera musicale.

    librerie-genova-793612

    CapitaleLibro_2023



    Fonte: siviaggia.it
     
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    Il popolo italico più antico: i Liguri

    liguri-16901268994990



    I Liguri sono considerati il popolo più antico d’Italia. Questa stirpe di origini ancora oggi incerte abitava il territorio italiano e francese già nel II millennio a.C.
    Presidiavano un territorio molto vasto che si estendeva dall'Italia centro settentrionale fino alla penisola Iberica ma dal 2000 a.C. , si concentrarono in quell'area che include la Liguria, il Piemonte e la Toscana nei versanti occidentali.
    La gente di lingua ligure aveva una notevole abilità nella lavorazione del ferro e dell’oro. Come pastori, agricoltori e marinai audaci, sapevano sfruttare in modo sapiente le risorse della terra e del mare. I loro porti e le loro città svolsero un ruolo essenziale nel commercio marittimo dell’antichità.
    Erano tempi difficili quelli e per sopravvivere bisognava essere in grado di difendersi e di attaccare, e i liguri erano molto bravi nell'arte della guerra e non di meno in quella della pirateria, avanzavano in mare con barche modeste ma senza temere le tempeste e con grande audacia seppero crearsi la fama di coraggiosi, e forse incoscienti, navigatori.
    Non costituirono mai uno stato ligure, vivevano in clan sparsi sul territorio e potevano stringere alleanze o dichiarare guerre in modo autonomo, i loro re erano scelti per il coraggio dimostrato con il nemico e non per lignaggio ereditario. Non avevano schiavi, nelle battaglie non lasciavano sopravvivere il nemico.
    Una delle caratteristiche del popolo dei Liguri era data dalla presenza di numerose tribù che si concentravano lungo le valli e le montagne circostanti. Questa forte tradizione tribale, se rendeva difficile l’unità politica e il coordinamento delle diverse famiglie, rappresentava anche un’importante occasione di scambio culturale.
    Anche la lingua ligure è stata spesso considerata una delle più antiche arrivata fino ai giorni nostri. Questa, tuttavia, è stata influenzata nel corso dei secoli dalla presenza di altre lingue e dialetti. Oggi in alcune aree d’Italia si parla ancora un dialetto che presenta contaminazioni dalla lingua dei liguri, come per esempio a San Fratello in Sicilia.
    Il concetto di proprietà privata fu introdotto molto tardi nella cultura ligure, il territorio della tribù era considerato un bene comune e gli appezzamenti coltivabili venivano dati ai contadini in cambio di modesti contributi.
    Anche quando la società iniziò a stratificarsi, creando ricchezza e diseguaglianze economiche e sociali lo spirito comunitario dei liguri salvaguardò la rappresentanza politica di tutti.

    Quella ligure era una cultura estremamente emancipata, le donne lavoravano esattamente come gli uomini e nessuno imponeva loro un marito, cosa impensabile in tutte le altre culture a loro contemporanee.
    I Liguri furono tra i primi abitanti della zona nord occidentale dell’Italia. La loro presenza lungo la costa diede un impulso decisivo allo sviluppo della civiltà dell’antica Roma. Proprio la presenza di tali insediamenti permise ai Romani di estendere il loro controllo fino al territorio dell’odierna Liguria.
    Questo fu un popolo fiero e coraggioso, noto per la sua resistenza contro la conquista romana. Gli scontri con Roma iniziarono nella seconda metà del III secolo a.C. quando questa popolazione coraggiosa e valorosa si schierò dalla parte di Annibale contro i Romani durante la Seconda Guerra Punica.
    In effetti, la Liguria rimase sempre una regione problematica per l’Impero Romano, e anche per tutto il medioevo fu teatro di guerre, invasioni e scorrerie dei barbari e dei Saraceni.


    apuano

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    Fonti: viaggi.nanopress.it, elementari.net

    Fotografie: web
     
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    danilo raineri

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    CITAZIONE (marmari @ 23/7/2023, 18:00) 

    Il popolo italico più antico: i Liguri

    (IMG:https://upload.forumfree.net/i/ff12090979/...01268994990.jpg)



    I Liguri sono considerati il popolo più antico d’Italia. Questa stirpe di origini ancora oggi incerte abitava il territorio italiano e francese già nel II millennio a.C.
    Presidiavano un territorio molto vasto che si estendeva dall'Italia centro settentrionale fino alla penisola Iberica ma dal 2000 a.C. , si concentrarono in quell'area che include la Liguria, il Piemonte e la Toscana nei versanti occidentali.
    La gente di lingua ligure aveva una notevole abilità nella lavorazione del ferro e dell’oro. Come pastori, agricoltori e marinai audaci, sapevano sfruttare in modo sapiente le risorse della terra e del mare. I loro porti e le loro città svolsero un ruolo essenziale nel commercio marittimo dell’antichità.
    Erano tempi difficili quelli e per sopravvivere bisognava essere in grado di difendersi e di attaccare, e i liguri erano molto bravi nell'arte della guerra e non di meno in quella della pirateria, avanzavano in mare con barche modeste ma senza temere le tempeste e con grande audacia seppero crearsi la fama di coraggiosi, e forse incoscienti, navigatori.
    Non costituirono mai uno stato ligure, vivevano in clan sparsi sul territorio e potevano stringere alleanze o dichiarare guerre in modo autonomo, i loro re erano scelti per il coraggio dimostrato con il nemico e non per lignaggio ereditario. Non avevano schiavi, nelle battaglie non lasciavano sopravvivere il nemico.
    Una delle caratteristiche del popolo dei Liguri era data dalla presenza di numerose tribù che si concentravano lungo le valli e le montagne circostanti. Questa forte tradizione tribale, se rendeva difficile l’unità politica e il coordinamento delle diverse famiglie, rappresentava anche un’importante occasione di scambio culturale.
    Anche la lingua ligure è stata spesso considerata una delle più antiche arrivata fino ai giorni nostri. Questa, tuttavia, è stata influenzata nel corso dei secoli dalla presenza di altre lingue e dialetti. Oggi in alcune aree d’Italia si parla ancora un dialetto che presenta contaminazioni dalla lingua dei liguri, come per esempio a San Fratello in Sicilia.
    Il concetto di proprietà privata fu introdotto molto tardi nella cultura ligure, il territorio della tribù era considerato un bene comune e gli appezzamenti coltivabili venivano dati ai contadini in cambio di modesti contributi.
    Anche quando la società iniziò a stratificarsi, creando ricchezza e diseguaglianze economiche e sociali lo spirito comunitario dei liguri salvaguardò la rappresentanza politica di tutti.

    Quella ligure era una cultura estremamente emancipata, le donne lavoravano esattamente come gli uomini e nessuno imponeva loro un marito, cosa impensabile in tutte le altre culture a loro contemporanee.
    I Liguri furono tra i primi abitanti della zona nord occidentale dell’Italia. La loro presenza lungo la costa diede un impulso decisivo allo sviluppo della civiltà dell’antica Roma. Proprio la presenza di tali insediamenti permise ai Romani di estendere il loro controllo fino al territorio dell’odierna Liguria.
    Questo fu un popolo fiero e coraggioso, noto per la sua resistenza contro la conquista romana. Gli scontri con Roma iniziarono nella seconda metà del III secolo a.C. quando questa popolazione coraggiosa e valorosa si schierò dalla parte di Annibale contro i Romani durante la Seconda Guerra Punica.
    In effetti, la Liguria rimase sempre una regione problematica per l’Impero Romano, e anche per tutto il medioevo fu teatro di guerre, invasioni e scorrerie dei barbari e dei Saraceni.


    (IMG:https://upload.forumfree.net/i/ff12090979/apuano.jpg)

    (IMG:https://upload.forumfree.net/i/ff12090979/...es%202.jpeg)

    (IMG:https://upload.forumfree.net/i/ff12090979/...es%203.jpeg)



    Fonti: viaggi.nanopress.it, elementari.net

    Fotografie: web

    Ho letto . Davvero interessante . Bene
     
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    sanrem11

    Cinque luoghi liguri usciti dai libri di Italo Calvino



    Italo Calvino ha portato la Liguria in tutto il mondo. Da “Ombrosa“, la città del Barone Rampante, così simile a Sanremo, alle montagne dell’entroterra ligure de “Il sentiero dei nidi di ragno“, ai racconti. Addirittura nelle “Città invisibili“, visionarie e diafane, sono ritracciabili tratti di paesaggio ligure. Questi cinque luoghi sono scaturiti dai suoi libri. Ma leggendolo, siamo sicuri che ne potrai trovare altri!

    ***

    pigna_10



    Nella “Pigna”, il bellissimo centro storico di Sanremo, Italo Calvino ambientò il suo primo romanzo, “Il sentiero dei nidi di ragno”. I dettagli e le descrizioni delle vie e delle case, in rapide ma definite pennellate, tra tetti che nascondono e scoprono tagli d’azzurro, panni al sole e vasi di basilico, ne rivelano una frequentazione quotidiana: il giovane Italo la percorreva spesso per andare a scuola in centro. Dalla Pigna si raggiungono anche la chiesa della Madonna della Costa, i Giardini Regina Elena e Villa Terralba, dove abitavano i nonni.

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    “Una spiegazione generale del mondo e della storia deve innanzi tutto tener conto di com’era situata casa nostra”, così inizia La Strada di San Giovanni, uno dei libri più “liguri” di Calvino, fatto di racconti e memorie di Sanremo, come il quello dedicato alla a strada che con il padre e il fratello, il giovane Italo percorreva per andare al podere di San Giovanni. Il sentiero partiva subito dopo Villa Meridiana, casa dei genitori di Calvino, nei pressi della Madonna della Costa e raggiungeva la chiesa di San Giovanni. Oggi questo percorso non esiste più, così stravolto e sfigurato da palazzi e condomini, che però la penna di Calvino ha saputo trasformare in luoghi letterari ne “La speculazione edilizia”.

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    Il Merdanzo è un torrente lungo circa 10 km che dalle pendici delle Alpi liguri si tuffa a sud del borgo di Bajardo e raggiunge il Nervia a Isolabona. Il suo nome potrebbe derivare dai miasmi di alcune sorgenti solforose presenti nei dintorni, oppure dai residui di macerazione della canapa che un tempo si coltivava e trattava nella zona. Ma questo nome ha certamente influenzato Calvino: Cosimo, il protagonista del “Il barone rampante”, vi si recava abitualmente per fare i propri bisogni appollaiato su un ontano sporgente sul corso d’acqua.

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    Tra le ultime opere di Calvino c’è “Palomar”, un romanzo con protagonista il signor Palomar, che, taciturno e solitario, ha come attività principale l’osservazione delle cose: le onde del mare, il volo degli storni, la luna, la bottega di un formaggiaio e molto altro. Proprio da questa sua grande passione per l’osservazione, deriva il suo nome, che è quello osservatorio astrronomico di Monte Palomar in California, nella Contea di San Diego, tra i più famosi al mondo e in cui sono stati catalogati molti tipi di galassie. In Liguria, proprio nelle vicinanze di Sanremo, c’è l’Osservatorio Astronomico Cassini di Perinaldo intitolato a Gian Domenico Cassini, astronomo del Re Sole e in cui, per tradizione, da anni per le favorevoli condizioni climatiche e atmosferiche, si osserva il firmamento.

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    passo-10



    È un luogo antichissimo, misterioso, che i liguri conoscono da sempre. Situato a 1.452 m s.l.m., è da sempre luogo di transito di transumanze e commerci, crocevia sulla via Marenca, teatro di scambio di culture e riti ancestrali, visto per arrivarci si percorre il bellissimo bosco di Rezzo, che nei pressi si trova un antico e famoso menhir e una grossa pietra tabulare, la Sotta di San Lorenzo forse meta di antichi sacrifici. Questo luogo, probabilmente frequentato dal Calvino partigiano, compare nel XI capitolo de “Il sentiero dei nidi di ragno”, scenario di un duro confronto con il nemico.

    ***

    altavi11



    Le parole di Italo Calvino a volte raggiungono un’efficacia straordinaria e assoluta nel descrivere il mondo: è uno scrittore preciso, limpido, esatto. Lo è stato soprattutto parlando del paesaggio ligure. Ha inventato, ad esempio, luoghi di cui la Liguria è ricca ma di cui gli stessi liguri prima ignoravano l’esistenza prima di “Dall’opaco”, un testo del 1971 inserito successivamente in “La strada di San Giovanni”. Sono l’opaco e l’aprico, (l’ubagu e l’aprou in dialetto ligure), ossia le zone in ombra (l’opaco) e le zona soleggiate, (l’aprico). Le prime sono umide, scure, verticali, desolate. Le seconde assolate, chiare, distese, affollate. Certo non esistono solo in Liguria, ma la Liguria, con i suoi contrasti tra mare e monti, tra borghi nascosti tra le colline e spiagge assolate, ne è ricca e dobbiamo forse a Italo Calvino la loro scoperta come paesaggi dell’anima. Dalla loro dialettica nasce l’esperienza del paesaggio e la scrittura.

    sanrem12




    Fonte: lamialiguria.it
     
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    Presepi genovesi



    presep10

    Pochi sanno che la tradizione presepiale genovese risale agli inizi del XVII secolo e si sviluppa a tal punto da far sì che Genova si affermi, accanto a Napoli, come uno dei centri più attivi nella produzione di figure da presepe.

    Il documento più antico che attesta l'esistenza di un presepe a Genova è costituito dalla cronaca manoscritta del convento carmelitano di Monte Oliveto, presso il sobborgo costiero di Multedo, datata 1610: viene documentato l'uso di manichini articolati e vestiti per un presepe, scandito nelle scene dell’Adorazione dei pastori, dell’Adorazione dei Magi e della Presentazione al Tempio. Quest'ultima veniva allestita attorno al 2 febbraio, quando la Candelora (l'usanza di benedire le candele, simbolo di Cristo “luce per illuminare le genti”) chiude il ciclo natalizio.

    Tra le rappresentazioni della Natività più suggestive, il presepe del Santuario di Nostra Signora Assunta di Carbonara (detto “La Madonnetta”), il presepe biblico animato di Franco Curti presso l’Auditorium del Museo dei Beni Culturali Cappuccini, il Presepe del Museo dell’Accademia Ligustica di Belle Arti e il presepe artistico (sec. XVII) con figure del Maragliano e del Navone, situato nell’Oratorio del Santissimo Sacramento e San Bartolomeo di Staglieno.

    Il presepe del Santuario di Nostra Signora Assunta di Carbonara, detto “La Madonnetta”presenta un centinaio di sculture lignee o in costume d’epoca (databili dal XVII al XVIII secolo) in un’ambientazione assai scenografica della Genova antica, dove si riconoscono chiaramente molti luoghi cittadini. Si può inoltre ammirare la ricostruzione di una tipica fattoria genovese nel paesaggio della Val Bisagno. Dal 1977 il presepe è allestito in maniera permanente e pertanto visitabile tutto l’anno. Il santuario è raggiungibile utilizzando la funicolare che dal centro cittadino (Largo Zecca), sale verso le colline del Righi, scendendo alla fermata “Madonnetta”. Il viaggio in funicolare offre senza dubbio un’occasione unica per godere di suggestive viste “verticali” tra le case e il mare.

    Da non perdere, il presepe biblico animato di Franco Curti presso l’Auditorium del Museo dei Beni Culturali Cappuccini di Genova, Questo presepe ha oltre 70 anni di storia ed è stato esposto nelle principali città del nord-Italia. Realizzato negli anni trenta del ‘900 da un artigiano di Carmagnola, Franco Curti, ha una superfice di 40 metri quadrati e si conserva ancora con tutti i suoi meccanismi originali. Il presepe, composto dalla ricostruzione di Betania, Gerusalemme e Betlemme al tempo di Gesù, con i cinque quadri meccanici delle Profezie, conta oltre 150 personaggi in movimento, cadute d’acqua, vedute panoramiche orientali, degradanti cambi di luce e un sottofondo musicale. All’interno del Museo sono inoltre esposte, come tradizione, le statuine settecentesche a manichino della prestigiosa scuola di Anton Maria Maragliano e Pasquale Navone accompagnate da statuine popolari genovesi e napoletane.

    Il Presepe del Museo dell’Accademia Ligustica di Belle Arti è uno dei presepi più piccoli al mondo. Una preziosa cornice in ebano e filigrana d'argento racchiude un rilievo di minuscole dimensioni (mm 84 x 62 x 16): raffinatissime figurine, modellate in cera bianca con una tecnica prodigiosa dal bavarese Johann Baptist Cetto, popolano i ruderi di un tempio che accoglie la Natività. Alberi e palme scandiscono la prospettiva della scena mentre in lontananza si scorge l’annuncio ai pastori sullo sfondo di una fantastica città turrita che domina un paesaggio lacustre.

    Presso l’Oratorio del Santissimo Sacramento e San Bartolomeo di Staglieno il suggestivo Presepe artistico (sec. XVII) con figure del Maragliano e del Navone, di cui vanno segnalate in particolare la qualità dell’intaglio delle figure settecentesche e la ricchezza dei costumi dei Magi e del loro corteo.

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    Fonte: visitgenoa.it

    Fotografie: web
     
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    C'era una volta...

    Il castello Raggio

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    È stato uno degli edifici storici del capoluogo ligure, apprezzato da Genovesi e turisti. Situato nel quartiere di Cornigliano, già pesantemente danneggiato dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, venne abbattuto il 14 aprile 1951.

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    Il promontorio su cui sorgeva il castello era sede di una comunità religiosa, le cui tracce risalgono al Medioevo. Dopo i monaci se ne impossessarono i nobili, con il Duca Pasqua e dopo i lui, solo nel 1881 la zona venne acquisita dalla famiglia Raggio.

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    Il castello fu soggetto a numerosi restauri, cambiamenti e contese. Edificato in stile liberty a fine Ottocento dal ligure Edilio Raggio il quale spese seicentosessantamila franchi, scia scuse (!), Lire!
    Proprio per la sua posizione suggestiva, dal castello Raggio si poteva ammirare la costa di Ponente, fino alla Lanterna. E non ebbe neanche ospiti di poco conto! Annoverò infatti esponenti della nobiltà e del mondo politico fra cui il re Umberto I d’Italia con la regina Margherita di Savoia, la contessa Fiammetta Doria (della potente dinastia dei Doria), il duca di Galliera, il principe di Napoli, il conte di Torino e il presidente del Consiglio di quel tempo Giovanni Giolitti.

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    Ma, come abbiamo ormai imparato nei vari articoli di Storia Zeneise sul nostro blog, la guerra non guarda in faccia nessuno e subito dopo la seconda guerra mondiale i danni erano talmente elevati che, aggiunti alle difficoltà con le quali l’Italia si trovò a confrontarsi una volta uscita dal conflitto, fu davvero un’impresa pensare di poter rimetterlo in sesto.
    Quindi i proprietari cosa decidono di fare? Abbandonarlo e questo già durante la guerra. Dopo il conflitto mondiale, del Castello rimaneva lo scheletro ed un giardino ormai depredato da tutte le piante. Sulla spiaggia adiacente, inoltre, sorse una salina i cui fumi arrecarono gravi danni ai muri esterni e rovinarono irreparabilmente gli affreschi interni già messi a dura prova durante il bullezumme della Guerra.

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    Il 14 aprile del ’51 fu definitivamente abbattuto per l’industrializzazione selvaggia che ha coinvolto molto del ponente genovese.
    Ancora una volta vien da mangiarsi le mani per l’ennesimo patrimonio artistico (e non solo!) perso. È anche vero che l’Italsider per molti anni ha dato lavoro a tantissimi genovesi. Visto, però, i recenti sviluppi dell’economia Ligure volta al turismo, vien proprio da rammaricarsi nell’aver perduto un gioiello come questo a pochi passi da una spiaggia, ai tempi, molto affollata
    !

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    Fonte: Il mugugno genovese
     
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