"Caffè Zibaldone"

GENOVA per VOI

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    L'isola che non c'è

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    Palazzo ducale
    parte seconda



    Palazzo_Ducale_Genova_Scalone_interno
    scalone col simbolo di Genova



    L'interno.

    675px_Genova,_palazzo_ducale,_portale,_maniglia_



    Il principale ingresso verso l'interno del palazzo è rappresentato dal grande portone che si affaccia su piazza Matteotti e conduce all'atrio porticato realizzato dal Vannone. Da esso è possibile salire lo scalone in marmo che conduce al piano superiore o raggiungere a ovest il sistema di rampe che collega tutti i piani dell'edificio. Questa struttura, denominata "strada appesa", è stata progettata dall'architetto Giovanni Spalla durante il restauro nel 1992 e collocata negli ambienti danneggiati durante i bombardamenti del 1942. Essa si presenta come una scala elicoidale in acciaio sorretta da un sistema di tiranti collegato a una trave reticolare e si sviluppa lungo tutti i quaranta metri di altezza dell'edificio permettendo l'accesso ai vari livelli, dal piano interrato della cisterna maggiore fino alle carceri e alla torre Grimaldina

    I piani interrati
    Scendendo lungo la "strada appesa" si raggiungono i due livelli inferiori del palazzo, posti al di sotto del piano dell'atrio voltato. Il più profondo dei due livelli prende il nome dalla "cisterna maggiore", l'ambiente più notevole di questo piano recuperato durante il restauro del 1992. Si tratta di un'ampia sala, posta in corrispondenza del cortile maggiore del piano terra, sormontata da volte a crociera che poggiano su otto pilastri in pietra. Originariamente era la maggiore delle tre cisterne d'acqua del palazzo, disposta in modo da raccogliere le acque del soprastante cortile maggiore, e insieme alle cisterne poste sotto il cortile minore e sotto la piazza d'armi doveva garantire l'approvvigionamento idrico del palazzo in caso di assedio. Il restauro di questo ambiente e degli altri locali del piano ha anche permesso alcune importanti scoperte archeologiche sulla storia del palazzo, come resti di edifici medievali inglobati nella mura del palazzo cinquecentesco e le fondamenta di un grande torrione bassomedievale del quale si ignorava l'esistenza.
    Salendo di un piano ci si trova al livello di piazza Matteotti e nel piano al di sotto dell'atrio e dei porticati. Si trovano qui le stanze dell'antico palazzo del Comune e del palazzo degli abati, del quale sono visibili le arcate della loggia da salita dell'Arcivescovado. In corrispondenza della sottostante cisterna maggiore e proprio al di sotto del cortile maggiore si trova la "sala del monizioniere", un'ampia sala con volta a crociera sorretta da otto pilastri in pietra, realizzati in corrispondenza dei pilastri del piano sottostante. I pilastri sono sormontati da capitelli di diversa forma, che il Vannone riutilizzò recuperando il materiale proveniente dalla demolizione delle strutture medievali. Questo locale era in origine utilizzato come magazzino non solo per armi e munizioni, da cui deriva il suo nome, ma anche per olio, vino, legname, come stalla e come rimessa per lettighe e portantine.
    A fianco della sala del monizioniere e al di sotto dell'atrio voltato si trovano le stanze del sottoporticato, anch'esse voltate a crociera e sorrette da pilastri in pietra. Come la sala precedente questi spazi erano in origine utilizzati come magazzino per tutto ciò che poteva essere utile per garantire l'autonomia del palazzo in caso di assedio e in seguito al restauro del 1992 sono utilizzati come spazi espositivi per mostre e manifestazioni. I locali sono raggiungibili, oltre che tramite la "strada appesa", attraverso delle porte che aprono direttamente su piazza Matteotti.

    Il piano terra e i cortili

    Genova_palazzo_ducale_porticato3
    Atrio del Vannone



    L'ambiente più notevole del piano terra è il grande atrio voltato, realizzato dal Vannone alla fine del XVI secolo, sotto il quale ci si ritrova dopo aver varcato il grande portone che affaccia su piazza Matteotti. Si tratta di uno spazio di 43 metri di lunghezza e 17 di larghezza, coperto da una volta a padiglione intonacata di bianco sorretta alle estremità da una fila di quattro colonne che rimanda l'idea di una vela gonfiata dal vento.
    Per sostenere la volta il Vannone utilizzò un'intelaiatura di tiranti in ferro, invisibile ai visitatori in quanto coperta dai mattoni, costituita da « un'asta orizzontale tangente al colmo dell'estradosso e da due aste diagonali di irrigidimento fissate all'imposta della volta ». Questa tecnica delle "chiavi nascoste" fu utilizzata dal Vannone anche in altri ambienti del palazzo.

    Palazzo_Ducale_Cortile_interno
    Cortile maggiore



    A est e a ovest l'atrio voltato è affiancato da due cortili a cielo aperto, denominati rispettivamente cortile minore e cortile maggiore, realizzanti anch'essi in stile manierista dal Vannone.
    Il cortile maggiore, a ovest, è situato al di sopra della cisterna maggiore e della sala del monizioniere, ricalcandone la forma e le dimensioni, ed è circondato su tre lati da un porticato voltato a botte sorretto da una serie di colonne terminanti con capitelli di ordine dorico. Agli angoli del porticato è presente un sistema di tre colonne collegate tra loro da un architrave che sorregge la soprastante volta a botte. Il restauro del 1992 ha portato alla luce, alle spalle delle colonne d'angolo, una serie di nicchie ad abside che erano state murate nel corso dei secoli. Al piano superiore è presente un loggiato che riprende la struttura del porticato sottostante, comprese le nicchie e le colonne architravate negli angoli, con la differenza che le colonne terminano con capitelli ionici anziché dorici.

    Palazzo_Ducale_di_Genova_cortile_inferiore
    Cortile minore



    Il cortile minore, a est, di forma quadrata, è a sua volta circondato su quattro lati da un porticato sorretto da colonne doriche, le quali formano con quelle dell'atrio voltato e del cortile maggiore, poste in asse le une con le altre, un effetto prospettico di particolare impatto.
    Durante il restauro del 1992 il piano di calpestìo del cortile è stato traslato verso l'alto, in modo da riportarlo allo stesso livello del resto del piano terra. Ciò ha comportato l'eliminazione di alcuni gradini inseriti da Orlando Grosso nel 1935, quando furono aperte le tre porte che collegano direttamente questo ambiente con piazza De Ferrari e ha permesso la ricostruzione delle volte del deambulatorio della cisterna sottostante, che erano state demolite durante i lavori di realizzazione delle nuove aperture. Le aperture verso piazza De Ferrari sono a loro volta state traslate verso l'alto ed esternamente è stata realizzata una scalinata di raccordo con il livello della piazza.
    La pavimentazione dei due cortili, ricostruita durante il restauro sulla base di tracce della pavimentazione originale vannoniana, è formata da una griglia di lastre di pietra di Finale che collegano tra di loro le colonne del porticato, entro la quale sono racchiusi dei campi in mattoni in cotto disposti a lisca di pesce. La pavimentazione dell'atrio voltato è stata ricostruita recuperando parte della pavimentazione precedente in ardesia e alternandola a mattoni in cotto realizzando un motivo geometrico che riprendesse quello della volta soprastante. Tra le colonne del cortile maggiore è possibile notare dei lucernai che permettono alla luce solare di raggiungere la sottostante sala del monizioniere.
    In origine gli ambienti dell'atrio e dei cortili erano utilizzati sia come elemento del percorso cerimoniale che partiva dalla "cortina" che chiudeva la piazza e terminava con lo scalone che conduce al piano nobile, sia come luogo di incontro per trattative politiche e incontri burocratici. Nelle stanze intorno ai cortili si trovavano gli uffici di diverse magistrature della Repubblica genovese, come la Magistratura degli Inquisitori di Stato o il Corpo di Città. I cittadini avevano anche la possibilità di presentare delle denunce anonime depositando un biglietto in una buca ancora visibile nel porticato del cortile minore.
    La riapertura al pubblico del palazzo dopo il restauro ha cercato di restituire all'atrio voltato la sua funzione originaria di piazza coperta, utilizzando gli spazi intorno a esso per attività commerciali e culturali, come la biglietteria del palazzo, due librerie, un caffè, una sede della Società ligure di storia patria dotata di una ricca biblioteca specializzata e alcuni laboratori didattici.

    Cortile_minore
    cortile minore



    Il primo piano


    Statue_ducale
    Resti delle statue di Andrea Dortia e Giovanni Andrea Doria



    Al centro dell'atrio voltato, di fronte al portone d'ingresso, parte lo scalone dogale che conduce al piano superiore. Lo scalone, opera del Vannone, è composto da una prima rampa di scalini di marmo larghi e bassi che, una volta raggiunto il ballatoio, si divide in due rampe simmetriche che conducono al corpo est e al corpo ovest del palazzo. Sul ballatoio in cima alla prima rampa dello scalone sono state collocate le statue di Andrea Doria e di Giovanni Andrea Doria che in origine si trovavano sui due piedistalli ai lati della scalinata di ingresso al palazzo su piazza Matteotti.

    Genova_Palazzo_Ducale_fresk
    La Vergine ed i Santi patroni di Genova che intercedono presso la SS. Trinità



    La rampa di destra conduce al loggiato posto sopra il cortile minore, del quale riprende la forma e la posizione delle colonne le quali, come nel caso del loggiato sopra il cortile maggiore, terminano con capitelli ionici anziché dorici. Da qui si può accedere allo spazio un tempo occupato dalla sala d'armi, posta lungo l'ala est del palazzo. Questi ambienti erano uniti alla cortina che chiudeva la piazza ed erano inoltre collegati alla vicina chiesa del Gesù tramite un pontino aereo, abbattuto durante i moti del 1848. Con l'annessione della città al Regno di Sardegna l'armeria venne trasformata in sale riunioni, andate distrutte durante i bombardamenti del 1944. In seguito al restauro del 1992 gli spazi ospitano le sale dell'Archivio Storico del Comune di Genova.
    In cima alla rampa di scale di destra si trova un maestoso stemma della Repubblica di Genova, opera di Domenico Fiasella, come conferma una ricevuta di pagamento datata 1638. A Fiasella è attribuito anche l'affresco raffigurante La Vergine con i Santi Giovanni Battista, Giorgio e Bernardo che intercedono presso la Trinità per la città di Genova che si trova in cima alla rampa di sinistra dello scalone. Questo secondo affresco fu commissionato intorno al 1630 come ringraziamento per la vittoria del 1625 di Genova contro il ducato di Savoia ed è visibile solo mentre si scende lungo lo scalone.
    Giunti in cima alla rampa di sinistra si raggiunge il loggiato posto sopra il cortile maggiore, sul quale si aprono quelli che erano gli ambienti più prestigiosi del palazzo: i saloni del Maggior Consiglio e del Minor Consiglio, gli appartamenti del doge e la cappella dogale.

    L'appartamento del Doge
    I lati nord e ovest del piano nobile, tutto intorno al loggiato, sono occupati dalle stanze dell'appartamento dogale. A partire dal 1528, con l'introduzione del mandato biennale, i dogi erano infatti obbligati a dimorare all'interno del palazzo per l'intero periodo della propria carica. L'appartamento tardo cinquecentesco è composto da una serie di stanze comunicanti una con l'altra in successione, riccamente decorate in stile rococò nelle prime sale e neoclassico in quelle successive.
    La prima sala, sul lato nord vicina all'arrivo dello scalone, è decorata con tappezzerie originali in carta stampata. Sulla parete di sinistra era presente una porta, in seguito murata, che conduceva a una scala tramite cui raggiungere il piano ammezzato sottostante. In quei locali, che si sviluppano lungo i lati a nord, ovest e sud del cortile maggiore, si trovavano altre stanze dell'appartamento del doge, considerate più intime e più confortevoli durante i mesi più caldi o più rigidi grazie alle spesse pareti; vi si trovavano inoltre le cucine e gli alloggi del personale di servizio del palazzo, come l'armaiolo, il guardiano della torre, gli uscieri e i portaordini. In seguito al restauro del 1992 nel mezzanino, raggiungibile anche tramite la "strada appesa", sono stati collocati alcuni uffici del Comune di Genova e del consorzio che gestisce il palazzo.
    La seconda e la terza sala sono decorate con stucchi dorati in stile rococò che raffigurano le virtù cardinali, panoplie con armi e bandiere, strumenti musicali e animali. Nella terza sala dovevano essere presenti tappezzerie e arazzi e su una panoplia è indicata la data 1756, considerata come l'anno della realizzazione delle decorazioni delle prime tre sale.
    La quarta e la quinta sala sono le più grandi dell'appartamento. La sala d'angolo, detta anche "sala del doge", è la più ricca dell'intero appartamento e un cartiglio rivela che la sua decorazione, nella quale si notano influenze neoclassiche, risale al 1771, durante il dogato di Giovanni Battista Cambiaso. Nei soprapporta si trovavano quattro tele del XVII secolo raffiguranti le virtù cardinali, mentre al centro delle pareti trovavano posto alcuni arazzi raffiguranti Le storie di Mosè, realizzati nella seconda metà del XVI secolo dall'arazziere fiammingo Dionys Martensz su bozzetti di Luca Cambiaso, ora conservati a palazzo Doria-Spinola. Sulla volta, completamente decorata in stucco lustro, vi è un grande medaglione dove è forse raffigurata un'allegoria della scoperta dell'America da parte di Colombo vista in chiave classicista. Le decorazioni in stucco della sala sono opera dei lombardi Alessandro Bolina e Bartolomeo Fontana. Degno di nota in questa sala è anche il caminetto in marmo bianco, decorato con piastrelle in ceramica bicrome e risalente allo stesso periodo degli stucchi.
    La decorazione in stucco della quinta sala, detta anche "antisala del doge", segue lo stesso stile della stanza precedente e presenta una serie di panoplie rappresentanti la potenza militare di Genova. Tra le decorazioni in stucco della sesta sala è riproposto il tema delle virtù cardinali, mentre nell'ultima sala era un tempo presente una porta, in seguito murata, che conduceva ai pontini aerei sopra salita dell'Arcivescovado, mettendo in diretta comunicazione il palazzo con il palazzetto criminale e con la cattedrale.

    Le Virtù cardinali

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    La Fortezza di Giovenni Andrea Ansaldo



    Le quattro tele delle virtù cardinali, collocate nella sala d'angolo dell'appartamento dogale a partire dalla sua decorazione nel 1771, furono realizzate nella prima metà del XVII secolo forse per il salone del Maggior Consiglio. I soggetti delle tele, tutti carichi di simbologie, sono una metafora delle qualità che il governo della repubblica doveva possedere: comandare con forza accompagnata da prudenza e temperanza avrebbe assicurato la giustizia per i cittadini. La Fortezza, dipinta da Andrea Ansaldo intorno al 1630, mostra una figura femminile con indosso una corazza e in mano un ramo di quercia (simbolo rispettivamente della forza fisica e spirituale) e con a fianco un leone. La Giustizia di Giovanni Andrea De Ferrari, databile intorno al 1620, è raffigurata secondo la simbologia comune al tempo e il dipinto è la copia quasi speculare di un'altra tela attribuita nello stesso periodo allo stesso artista. La figura femminile in armatura regge in mano una spada e una bilancia e sulle ginocchia in tomo con il mottoInconcussa vigeat, mentre alle sue spalle e ai piedi vi sono simboli di pace a abbondanza come la cornucopia ricolma di frutta, una pistola schiacciata sotto il piede e un agnello. A De Ferrari è attribuita anche la Temperanza; l'opera è datata 1651 ma la critica la colloca tra il 1620 e il 1630 e la data erronea potrebbe dipendere dal fatto che la parte inferiore della tela è stata ridipinta in epoche successive. Vi è raffigurata una figura femminile, vestita sobriamente, che versa una brocca d'acqua, simbolo di semplicità e trasparenza. La Prudenza fu dipinta da Domenico Fiasella intorno al 1630 e raffigura un'enigmatica figura femminile bifronte che si guarda allo specchio. Nel realizzarla Fiasella probabilmente seguì fedelmente l'iconografia del periodo, nella quale i due volti simboleggiavano la circospezione e la lungimiranza tipiche di chi è prudente.

    La cappella dogale

    Cappella_Dogale_affresco_a_soffitto
    Affresco del soffitto



    Accanto alle ultime stanze dell'appartamento del doge, con accesso dall'angolo sud ovest del loggiato, si trova la cappella dogale. Si tratta di un ambiente sontuoso e di grande impatto, in cui l'intera superficie della volta e della pareti è affrescata allo scopo di celebrare le glorie e i personaggi illustri della repubblica genovese. Al centro della parete di ingresso si trova una raffigurazione di Cristoforo Colombo che pianta la croce nel nuovo mondo, con ai lati, sopra le porte che collegano la sala con l'appartamento del doge e con il loggiato, i ritratti dei martiri genovesi Ursicino e Desiderio. Ancora più in alto vi sono i beati Domenico Genuense, Maria Vittoria De Fornari Strata, Alessandro Sauli e due figure la cui epigrafe è illeggibile.
    Sulla parete di destra, dando le spalle all'ingresso, è raffigurata La presa di Gerusalemme da parte di Guglielmo Embriaco, avvenuta durante la prima crociata, con tutto intorno i ritratti dei beati Jacopo da Varagine e Lanfranchino e dei santi Bono e Valentino. Questi affreschi, così come quelli sulle altre pareti e sulla volta, furono realizzati da Giovanni Battista Carlone tra il 1653 e il 1655 e sono inseriti all'interno di finti archi colonnati dipinti, opera del pittore imperiese Giulio Benso.

    Cappella_della_Dogana_Altare_2
    Altare



    Al centro della parete opposta campeggia il dipinto de L'arrivo a Genova delle ceneri del Battista, con intorno i santi Barnaba, Alberto, Caterina Fieschi Adorno, i vescovi genovesi Salomone e Romolo e un angelo custode.
    La volta è interamente occupata da una raffigurazione di Maria invocata dai santi protettori di Genova Giorgio, Giovanni Battista, Lorenzo e Bernardo. La Vergine è rappresentata in qualità di regina di Genova, quale era stata proclamata nel 1637, mentre riceve da alcuni angeli la corona, le chiavi e lo scettro della città.

    Cappella_della_Dogana_3
    Cantoria



    La parete di fondo della sala è occupata dall'altare in marmo, circondato da vere colonne sempre in marmo uguali a quelle dipinte sulle altre pareti. Due finestre si aprono tra le colonne a fianco dell'abside, permettendo alle luce esterna di illuminare l'ambiente. Inizialmente dietro l'altare si trovava una pala di Giovanni Battista Paggi, donata dallo stesso pittore alla città nel 1603, raffigurante La Madonna con il bambino tra i santi Giorgio e Giovanni Battista. Nel XVIII secolo la pala fu sostituita da una scultura di Francesco Maria Schiaffino, raffigurante nuovamente La Vergine regina di Genova.
    Il pavimento presenta una decorazione barocca realizzata con tarsie di marmi policromi.

    Il salone del Maggior Consiglio

    Sala_Maggior_Consiglio



    Il salone del Maggior Consiglio è la sala più imponente del palazzo e insieme all'adiacente salone del Minor Consiglio occupa interamente il corpo centrale dell'edificio, al di sopra dell'atrio voltato. L'aspetto attuale del salone è quello successivo alla ricostruzione di Simone Cantoni nel 1778, ma le dimensioni, 37 metri di lunghezza per 16 di larghezza,sono quelle della "sala grande" realizzata nel Cinquecento dal Vannone per ospitare i quattrocento patrizi che rappresentavano il Maggior Consiglio della Repubblica di Genova. In questa sala veniva eletto il doge e si tenevano le riunioni ufficiali del Consiglio della Repubblica, ma avevano luogo anche feste, balli e spettacoli teatrali.

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    Volta



    L'incendio del 1777 danneggiò gravemente il piano nobile del palazzo e le strutture dei saloni, che vennero ricostruite da Cantoni l'anno successivo. Nel salone del Maggior Consiglio Cantoni inglobò e innalzò ciò che restava dei muri vannoniani e coprì la sala con un'imponente volta a padiglione in mattoni, la cui forma ricorda quella di una carena di nave rovesciata, in sostituzione della precedente copertura in legno. Per contrastare l'aumento di peso generato dalla nuova volta fu realizzata la facciata neoclassica su piazza Matteotti, le cui colonne hanno la funzione di contrafforti per l'adiacente salone. Nel corso degli anni però le spinte sui muri hanno causato lesioni e uno scivolamento della facciata neoclassica, che ciò ha comportato un indebolimento delle volte dei saloni del Maggior e del Minor Consiglio. Il consolidamento di tali strutture è stato effettuato durante il restauro del 1992 tramite l'inserimento di tiranti in acciaio nei sottotetti e nei muri.

    Affresco_soffitto_sala_del_Maggior_Consiglio
    Affresco "Allegoria del commercio del Liguri" di Giuseppe Isola



    Internamente il salone appare completamente decorato in stile neoclassico e caratterizzato dall'alternanza di colore dei marmi e dei finti marmi in stucco lustro. Nelle pareti lunghe sono addossate una serie di colonne in marmo o in stucco lustro, nelle nicchie tra le quali trovano posto una serie di statue in stucco. Al di sopra delle colonne si trova una balaustra e sopra di essa, in corrispondenza delle colonne e dei costoloni della volta, una serie di cariatidi in stucco opera opera dello dello stuccatore ticinese Carlo Luca Pozzi con la collaborazione di Alessandro Bolina e Bartolomeo Fontana, autore anche della decorazione della volta.
    A fianco della porta di ingresso si trovano due statue in stucco raffiguranti la Concordia e la Pace, opera dell'artista genovese Andrea Casareggio (o Casaregi) mentre dalla parte opposta del salone, dove un tempo si trovava il trono del doge, distrutto durante la rivoluzione del 1797, sono le statue allegoriche della Giustizia e della Fortezza, opera rispettivamente di Nicolò Traverso e di Francesco Maria Ravaschio. Al centro della parete di ingresso, al di sopra della balaustra, si trova una grande lunetta con un dipinto su tela della battaglia della Meloria, realizzata dal pittore piemontese Giovanni David. David realizzò anche il bozzetto per la lunetta sita sul lato opposto, raffigurante Il doge Leonardo Montaldo libera Jacopo di Lusignano, re di Cipro, che fu però dipinta da Emanuele Tagliafichi. Queste due lunette furono dipinte in sostituzione delle tele di Marcantonio Franceschini e di Tommaso Aldovrandini, andate distrutte durante l'incendio del 1777. Tra le colonne dei lati principali, alternati alle statue in stucco, si trovano una serie di tele monocromatiche, dipinte in stile neoclassico e con temi allegorici in occasione della visita di Napoleone nel luglio 1805. Al centro della volta si trova un grande affresco raffigurante un'allegoria del Commercio dei Liguri, realizzato nel 1866 da Giuseppe Isola in sostituzione di un precedente affresco di Giandomenico Tiepolo risalente al 1785 e raffigurante La Liguria e le glorie della famiglia Giustiniani, deperito pochi decenni dopo la sua realizzazione. Completano l'effetto scenografico del salone il pavimento dove una serie di marmi di diversa colorazione formano motivi geometrici e due grandi lampadari in cristallo, inseriti durante il restauro del 1992.
    In seguito alla riapertura del palazzo il salone del Maggior Consiglio, così come quello del Minor Consiglio, ospita mostre, conferenze, concerti o altri eventi culturali

    Il salone del Minor Consiglio

    Sala_del_Gran_Consiglio



    Il salone del Minor Consiglio, detto anche "salonetto", era originariamente destinato alle riunioni del Minor Consiglio della Repubblica. È situato a fianco del salone del Maggior Consiglio, insieme al quale occupa il corpo centrale dell'edificio, e affaccia verso nord su salita del Fondaco. Per via della sua collocazione era anche chiamato "consiglietto d'estate" ed era usato per le riunioni estive del Consiglio, in contrapposizione al "consiglietto d'inverno", esposto a sud e andato perduto durante i rifacimenti ottocenteschi, i cui spazi sono utilizzati come spazio espositivo della Regione Liguria.

    Affresco_nella_sala_del_Minor_Consiglio_2
    "L'arrivo delle ceneri del Battista a Genova" di Carlo Giuseppe Ratti



    La sala, di 20 metri di lunghezza e 13 di larghezza, fu gravemente danneggiata durante l'incendio del 1777 e ricostruita durante l'intervento di Simone Cantoni. Analogamente al salone del Maggior Consiglio fu realizzata una nuova volta in mattoni, in questo caso con forma a botte, in sostituzione della precedente copertura in legno, e fu rinnovata completamente la decorazione della sala.
    Si accede al salone attraversando un piccolo atrio, aperto sul lato che affaccia sullo scalone, dal quale un tempo era possibile assistere ai cortei cerimoniali. Tra l'atrio e l'ultima rampa dello scalone Cantoni ricavò uno spazio tecnico nel quale inserire una scala a chiocciola di forma ellittica che conduce al piano superiore. La decorazione neoclassica del salone è opera in particolare del pittore Carlo Giuseppe Ratti e dello stuccatore Carlo Luca Pozzi, il quale lavorò anche agli stucchi del salone del Maggior Consiglio. Furono realizzate da Ratti le tredici tele raffiguranti le Allegorie delle virtù del buon governo che si trovano in corrispondenza delle aperture della sala (partendo dalla parete di fronte all'ingresso e girando in senso antiorario, Sapienza, Magnanimità, Concordia, Fortezza, Carità, Vigilanza, Mansuetudine, Pace con la Giustizia, Speranza, Fortuna, Verità, Storia e Segretezza) e le piccole tele monocromatiche soprapporta raffiguranti putti e, in quella sopra la porta d'ingresso, Giano.
    Sulla volta è possibile vedere due tele monocrome raffiguranti La Liguria distribuisce tesori alle province e Giano sacrifica alla pace, opera di Ratti così come la tela centrale con L'apoteosi della Repubblica con l'allegoria della Divina Sapienza, che il pittore riprese da un bozzetto che Domenico Piola aveva presentano nel 1700 a un concorso per la decorazione del salone del Maggior Consiglio. Queste tre tele furono pesantemente restaurate nel 1949, in seguito ai danni riportati durante i bombardamenti bellici. Sempre di Ratti sono le due lunette in cima alle pareti d'ingresso e di fondo della sala, che raffigurano rispettivamente Lo sbarco di Colombo nelle Indie e L'arrivo a Genova delle ceneri del Battista riproponendo le precedenti opere di Francesco Solimena, distrutte dall'incendio del 1777 ma delle quali erano stati conservati i bozzetti. Lungo le pareti della sala, alternati alle tele con le allegorie delle virtù del buon governo, vi sono otto statue in stucco di uomini illustri della Repubblica realizzate da Nicolò Traverso, Andrea Casareggio e Francesco Maria Ravaschio, i quali lavorarono anche agli stucchi della facciata su piazza Matteotti e nel salone del Maggior Consiglio. All'architetto genovese Carlo Barabino è infine attribuita la caratteristica balaustra circolare in fondo alla sala, che aveva la funzione di delimitare lo spazio riservato al doge.

    I piani superiori

    Genova_palazzo_ducale_torre_grimaldina3
    Sommità della Torre Grimaldina



    Dal loggiato maggiore si può accedere alla strada appesa, che permette di scendere al piano terra o di salire ai piani superiori: il secondo piano ammezzato, la terrazza, le carceri e la torre Grimaldina. Il secondo mezzanino ospita alcuni uffici e spazi del Comune di Genova. La terrazza si trova al di sopra del loggiato maggiore, ospita un ristorante e da essa è possibile vedere da vicino la sommità della torre Grimaldina, le statue che sormontano la facciata neoclassica su piazza Matteotti e le coperture dei saloni del Maggior e del Minor Consiglio. Salendo ancora lungo la strada appesa si raggiungono quelle che un tempo erano le carceri del palazzo. Poco prima dell'ingresso, sulla sinistra della scala, è possibile notare un curioso rilievo tardo-cinquecentesco in stucco che raffigura la Fortuna bendata, con la testa che diventa un vaso ricolmo di frutta e la benda che attraversa gli occhi.

    Le carceri

    Genova_palazzo_ducale_carceri6
    Disegni della "Cella degli artisti"



    I piani superiori della torre Grimaldina e i locali adiacenti furono utilizzati come carceri dai tempi della Repubblica fino alla Resistenza durante la seconda guerra mondiale. Un episodio del 1435 fa ipotizzare che a quel tempo esistesse già una cella detta Grimaldina, da cui prese poi il nome l'intera torre: in seguito alla battaglia di Ponza nell'elenco dei prigionieri condotti a Genova da destinare a diverse carceri, accanto ad alcuni nomi fu indicata la lettera G che potrebbe significare appunto Grimaldina.
    Le carceri occupavano alcuni locali del sottotetto al di sopra dell'appartamento del doge e nella torre. Questo faceva sì che le celle fossero meno umide di quelle tradizionalmente collocate nei piani più bassi degli edifici, ma allo stesso tempo fossero più soggette alle intemperie e ai rigori del clima. Le celle sopra l'appartamento dogale erano piccole e buie, provviste di doppie porte e con spesse grate in ferro inserite all'interno dei muri e dei pavimenti, per impedire ogni tentativo di fuga. Queste celle erano destinate ai prigionieri comuni o politici. Il piano superiore del pontino aereo dell'appartamento del doge permetteva di mettere in contatti direttamente le carceri con il vicino palazzetto criminale. Le celle situate nella torre, più grandi e luminose, erano destinate ai detenuti provenienti da famiglie importanti o a nemici stranieri trattenuti in attesa di un riscatto.
    I prigionieri spesso lasciavano sui muri delle celle scritte o disegni a testimonianza delle proprie pene. Nella cosiddetta "cella degli artisti", nella torre, sono presenti disegni di navi da guerra, soldati, dame e cavalieri e una mongolfiera.
    Tra i prigionieri illustri delle carceri è possibile ricordare il corsaro ottomano Dragut, il doge Paolo da Novi e il nobile genovese Domenico Dalla Chiesa, imprigionato per volere del fratello senatore e famoso per essere riuscito a fuggire raggiungendo la cella campanaria e poi calandosi sulla terrazza sottostante grazie alla bandiera situata in cima alla torre; Giulio Cesare Vachero, che complottò contro Genova insieme ai Savoia, i pittori Sinibaldo Scorza (per lesa maestà), Domenico Fiasella e Luciano Borzone (per ferimento) e Pieter Mulier detto il Tempesta, accusato dell'omicidio della moglie e che realizzò diverse opere durante il periodo di prigionia in un improvvisato atelier nella cella campanaria; il musicista Nicolò Paganini (per aver sedotto una ragazza) e il patriota Jacopo Ruffini che qui morì suicida nel 1833.


    le foto sono inserite a solo scopo ludico/culturale, NON si intende violare alcun diritto d'autore

    Continua....
     
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