"Caffè Zibaldone"

GENOVA per VOI

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    L'isola che non c'è

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    Il genovese e le parlate liguri
    seconda parte



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    La letteratura in genovese: il Medio Evo.

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    La letteratura in genovese riflette ampiamente, attraverso i secoli, il prestigio culturale detenuto dall'idioma: è infatti, a differenza delle letterature dialettali intese in senso tradizionale, caratterizzata da elementi di unità, continuità e autonomia evolutiva rispetto alla letteratura in italiano, dalla quale pure è stata ampiamente influenzata e rispetto alla quale, ovviamente, ha avuto minore sviluppo. Inoltre, attraverso i secoli, in genovese sono stati espressi i temi più diversi della letteratura colta, a differenza della produzione scritta di tipo dialettale, che ha sempre privilegiato aspetti comici, satirici, macchiettistici e nostalgici, pur presenti, del resto, anche in genovese.

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    Dopo la fase formativa, con i documenti para-letterari della fine del sec. XII, il primo significativo autore in genovese è Luchetto, vissuto a cavallo del Duecento e del Trecento, autore di rime di contenuto religioso, morale, politico e patriottico, che celebrano in particolare le vittorie sui Veneziani e la fase di grande espansione politicoeconomica della Repubblica, censurando peraltro la divisione in fazioni e le lotte intestine.
    Nel Trecento, quando il genovese comincia ad essere usato per gli atti politici e le relazioni internazionali, inizia l'influsso toscano attraverso le anonime Laudi di carattere religioso; le grandi scuole di traduttori, alle quali appartengono autori come Gerolamo da Bavari (autore del Tratao de li VII peccai mortai), Luca Paterio e Antonio de Regibus, diffondono in Liguria opere di devozione rielaborate a partire da originali latini, francesi, toscani e catalani: è l'epoca in cui si sviluppa anche una narrativa in prosa, poco originale ma destinata a godere di grande popolarità.
    Col Quattrocento, in seguito anche alla decadenza politica della Repubblica e al succedersi delle dominazioni straniere, l'influsso culturale e linguistico toscano si fa più massiccio, e le opere in poesia o in prosa, come la Vita di Santa Elisabetta del savonese Alerame Traversagni, finiscono per risentirne.
    Gli umanisti genovesi, come Andrea Bulgaro e lo stesso Iacopo Bracelli, utilizzano il volgare in poesie a carattere giocoso, mentre le cancellerie del Comune ne promuovono l'utilizzo a livello ufficiale attraverso la trascrizione di atti pubblici e discorsi politici.

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    Dal Cinque al Settecento

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    Di fronte al progredire dell'influsso toscano si avverte l'esigenza di una depurazione del genovese scritto, che, in consonanza con il dibattito europeo sul tema della valorizzazione delle lingue volgari, porta verso la metà del Cinquecento a una profonda riforma delle consuetudini scrittone, successivamente ai rivolgimenti istituzionali del 1528 che segnano l'esigenza di una ridefinizione simbolica dei caratteri culturali dello stato regionale.
    Anche in risposta a una polemica promossa da intellettuali italiani che sostengono la rozzezza e la scarsa letterarietà del genovese rispetto ad altri idiomi, autori come Paolo Foglietta, Barnaba Casero, Benedetto Schenone affrontano i temi della lirica amorosa e dell'invettiva politica, dell'encomio e della satira, utilizzando i metri della poesia italiana alla quale si WMiBmmi*, rifanno, polemicamente, per dimostrare le possibilità espressive del loro idioma. Foglietta, che promuoverà la traduzione delle Storie di Genova scritte in latino dal fratello Oberto, è considerato l'iniziatore della letteratura moderna, i cui primi frutti saranno raccolti a partire dal 1575 nell'antologia delle Rime in lengna zeneise.

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    In una Liguria sempre più attratta nell'orbita politico-culturale della Spagna (come dimostrano anche i numerosi prestiti lessicali di origine iberica in genovese), Gian Giacomo Cavalli è il maggior poeta del periodo barocco, e la sua raccolta di poesie, Ra gittara zeneise, è destinata a diventare il classico più letto e imitato attraverso i secoli. Con i suoi encomi per i Dogi di nuova elezione, Cavalli coglie l'importanza simbolica dell'uso pubblico del genovese, e sviluppa in forme di grande suggestione i temi dell'esaltazione della classe dirigente e dell'orgoglio repubblicano; ma Cavalli è anche un lirico amoroso di grande finezza, che ambienta le sue tormentate passioni, rivissute secondo il gusto letterario secentesco, nel mondo marinaresco e pastorale della Liguria.
    Di gusto popolare è invece la poesia del coetaneo Giuliano Rossi, ricca di riferimenti alla cronaca mondana ma anche dolentemente disincantata nella constatazione delle ingiustizie sociali e nell'attonita contemplazione della rovinosa pestilenza di metà secolo, epoca che vede anche il definitivo affermarsi di una tradizione teatrale, peraltro già avviatasi durante il Medio Evo. Le maschere che parlano in genovese vivacizzano un tipo di commedia plurilingue, per il resto poco originale, che ha i suoi autori principali in Anton Giulio Brignole Sale, Francesco Maria Marini e, per il melodramma, Giovanni Andrea Spinola.
    La letteratura in genovese continua a sviluppare nella seconda metà del Seicento temi patriottici con Carlo Andrea Castagnola (Zena incendia) e Gio. Agostino Pollinari, e approda nella prima parte del Settecento a un coraggioso tentativo, operato da Stefano de Franchi e dalla sua scuola, di promuovere l'uso dell'idioma come elemento di identificazione collettiva ed espressione di una coscienza nazionale: è l'epoca della sollevazione di Balilla (1746), e gli autori del periodo, di fronte all'irruzione del popolo sulla scena politica, percepiscono la necessità di simboli forti di unità al di sopra delle divisioni di classe e di rango. De Franchi nel suo Chitarrin e gli altri poeti di estrazione aristocratica canteranno così con toni epicheggianti la vittoria sugli austro-piemontesi e le ultime scaramucce contro i pirati barbareschi.
    La poesia dell'epoca, per il resto, sviluppa temi amorosi, encomiastici, descrittivi e morali: lo stesso de Franchi è autore di Commedie rielaborate da modelli francesi, e il promotore di una traduzione integrale della Gerusalemme Liberata.
    Gli anni convulsi della rivoluzione che trasforma la Repubblica di Genova in Repubblica Ligure Democratica all'ombra della Francia non vedono - con l'eccezione forse di Antonio Pescetto - autori di rilievo, ma la letteratura si caratterizza per un generale abbassamento di toni che soddisfa le esigenze di divulgazione dei nuovi ideali.

    L'Ottocento

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    Dopo l'unione all'Impero napoleonico (1805-1814), la Liguria subirà nel 1815 l'arbitraria annessione al Regno di Sardegna, perdendo la propria secolare indipendenza e trovandosi suo malgrado inserita in uno stato monarchico retrivo, che eserciterà per alcuni decenni sul paese una dominazione violenta e semicoloniale. Dal punto di vista letterario, questo fatto avrà come conseguenza da un lato la vernacolarizzazione di temi e forme, in un disimpegno politico che, con Martin Piaggio e le sue rime a sfondo moraleggiante, testimonia dello spaesamento della classe borghese di fronte alla nuova situazione, dall'altro una presa di coscienza che assume caratteri di aperta resistenza all'occupazione:
    Luigi Michele Pedevilla denuncerà la sanguinosa repressione dei moti del 1849 e comporrà un grande poema epico, A Colombìade, apparso nel 1870, che partendo dalla figura di Colombo svilupperà il tema dell'esaltazione della storia e della civiltà ligure in polemica col nuovo regime.
    Questo filone nazionalistico, ben inserito nel generale risveglio delle culture minoritarie europee, confluirà poi nell'adesione delle classi intellettuali genovesi ai programmi mazziniani, che vedono nell'unità d'Italia il superamento in senso repubblicano dell'occupazione piemontese: la letteratura dell'Ottocento è ricca di riferimenti al clima risorgimentale, vissuto però in un'ottica fortemente regionalistica nell'opera dello stesso Pedevilla, di L.D. Farina, di G.B.
    Vigo, del savonese F. Pizzorno e di altri autori che trovano negli almanacchi o limai uno strumento ideale di divulgazione delle loro opere.

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    Tale impostazione liberale e antimonarchica continuerà anche dopo l'unità d'Italia soprattutto attraverso il movimento dei periodici in genovese, una decina di giornali, da "O Balilla" a "O Staffi "che uniranno la satira politica alla divulgazione della letteratura genovese classica, l'informazione alla denuncia sociale, ma che sconfineranno frequentemente nello scandalismo e nella provocazione. Sui giornali in genovese appariranno anche lunghi romanzi d'appendice di argomento storico o contemporaneo, che riusciranno spesso, come nel caso di Ginn-a de Sanvpedxnn-a (1883) di Giuseppe Poggi, a raggiungere esiti interessanti di analisi della realtà sociale.
    La critica alla monarchia unitaria viene portata avanti in quell'epoca anche dagli ambienti clericali e reazionari, e il teatro del sacerdote Luigi Persoglio in particolare rappresenterà una forma di propaganda avversa anche al nascente movimento socialista.

    Tra Otto e Novecento.

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    Negli anni '80 del sec. XIX si sviluppa anche un movimento letterario di gusto borghese che, prendendo atto della situazione politicosociale e culturale del momento, adegua l'uso del genovese ai toni generali della letteratura dialettale italiana, rinunciando a proporre la peculiarità linguistica in un'ottica autonomistica come elemento di specificità regionale: la poesia e il teatro di Nicolò Bacigalupo segnano la nascita di una vera e propria letteratura dialettale, contemporaneamente al progressivo frantumarsi della koinè genovese-savonese attraverso l'uso scritto dei dialetti periferici, dallo spezzino (Ubaldo Mazzini) a quelli dell'estremo Ponente (gruppo di A Barma Grande).

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    Un ultimo tentativo di recuperare l'alta dignità letteraria del genovese è condotto da Angelico E Gazzo attraverso la traduzione, tra l'altro, della Divina Commedia (1910) e la sistemazione globale della grammatica e del lessico. I contenuti introspettivi si coniugano in Carlo Malinverni con i primi tentativi di superare la generale crisi dell'espressione genovese mediante il suo aggiornamento ai temi e alle forme della letteratura italiana ed europea contemporanea, tuttavia i primi decenni del Novecento vedono il trionfo dell'impostazione vernacolare (G.B. Rapallo, Aldo Acquarone), favorita successivamente anche dal fascismo, che, senza combattere apertamente la specificità linguistica regionale, trova modo di devitalizzarla inserendola in una visione folkloristica e ridanciana, che la priva della sua carica eversiva e alternativa rispetto al processo di omologazione in senso unitario: il teatro di Gilberto Govi, che propone una lettura improbabile e obsolescente della realtà ligure, è insieme alla canzone di imitazione napoletana (Costanzo Carbone) uno degli strumenti più efficienti di questa politica di dequalificazione linguistica, destinata a protrarsi anche nel dopoguerra.
    Intanto, sul filone aperto da Malinverni si inserisce la diseguale esperienza di Edoardo Firpo, che tra gli anni '30 e i '50 recupera alla lirica genovese pieno valore di dignità artistica, pur in una estrema varietà di esiti che solo nell'ultima raccolta Ciammo o martinpescòli (1955) approderanno a piena maturità formale.

    Il secondo Novecento.
    La fortuna (postuma) dell'opera di Firpo ha messo in ombra l'opera di altri poeti, da Carlo D. Adamoli ad Alfredo Gismondi al savonese Giuseppe Cava, che nello stesso periodo avevano tentato, partendo da posizioni diverse, un analogo processo di riqualificazione artistica dell'espressione scritta in genovese; inoltre, una "linea" poetica di imitatori (non sempre all'altezza) del modello firpiano, condizionerà negativamente gli esiti della lirica genovese degli ultimi decenni.
    In reazione a questo fenomeno, negli anni '60 cominceranno a farsi strada nuove tendenze, rappresentate tra gli altri da Guido Nilsen, Giuliano Balestreri, Sergio Sileri e, nei dialetti periferici, Cesare Vivaldi e Giuseppe Cassinelli. Le ultime tendenze della poesia genovese vedono affermarsi tra l'altro l'opera (anche teatrale) di Plinio Guidoni, fortemente orientata verso lo sperimentalismo, di Roberto Giannoni, i cui toni declamatori e di denuncia si coniugano con una rilettura critica della storia ligure recente, e di giovani poeti "nuovi" come Alessandro Guasoni e Daniele Caviglia, mentre nei dialetti locali si esprimono tra gli altri i ventimigliesi Andrea Capano e Renzo Villa, lo spezzino Renzo Fregoso, il lericino Paolo Bertolani e altri.
    La letteratura in genovese e nelle parlate liguri ha oggi abbondanza di autori (circa 1500 negli ultimi quindici anni), che segnano, pur attraverso una produzione molto diseguale, l'esigenza di un recupero degli usi scritti, in poesia e in prosa, come momento di riqualificazione culturale e di riaffermazione di una specificità regionale espressa attraverso uno degli elementi essenziali per la definizione stessa di tale originalità culturale.


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    Letteratura orale e canto tradizionale.
    Al di fuori della letteratura scritta, non bisogna dimenticare l'esistenza in Liguria di ricchi filoni di tradizione orale: le fiabe, le leggende, i proverbi, le filastrocche, i canti tradizionali raccolti negli ultimi anni smentiscono il luogo comune di una Liguria priva di espressioni folkloriche originali, mentre viene sempre più in luce, anche in questo campo, il legame della regione con il mondo mediterraneo prima che con il retroterra padano, ad esempio nelle forme di espressione canora come il canto trallalero, un tipo di vocalità, al centro oggi di un rinnovato interesse, che trova paragoni possibili solo in Corsica e in Sardegna.
    Al canto tradizionale si è associata in questi ultimi anni una ripresa della canzone d'autore, i cui esiti migliori, superando la facile vena comica che aveva caratterizzato il gusto musicale degli anni '60 e '70, si sono orientati a partire dalle esperienze genovesi di Fabrizio De Andre verso un filone di maggiore impegno contenutistico e formale, confermato dalla recente affermazione di gruppi giovanili, che recuperano talvolta anche aspetti significativi del patrimonio orale.

    Il genovese oggi e domani.
    Il ruolo della lingua e della letteratura regionali è oggi oggetto di una riflessione che investe singoli cultori e studiosi, gruppi associativi, istituzioni, nella quasi totale assenza di indicazioni di base che pongano correttamente, in Italia, il tema della valorizzazione, del ricupero e della riqualificazione culturale delle identità linguistiche minori. Alla relativa crisi dell'uso parlato corrisponde una sempre maggiore crescita della "domanda" di cultura regionale, che assume talvolta implicazioni politiche non di rado confuse, anche se poi, fondamentalmente, il recupero di una specificità viene vissuto dai più come reazione alle tendenze omologatrici e artatamente totalitarie insite nei processi di globalizzazione, mentre la ricerca di un territorio "solido" di valori e di beni comuni diventa un tentativo di sfuggire all'esasperato individualismo dei nostri tempi.
    A mano a mano che l'uso dell'idioma vede ridimensionata la sua funzione comunicativa, cresce allora quella connotante, che ne propone l'uso come alternativa possibile e democratica, senza supporre una chiusura timorosa di fronte al mondo degli "altri". Per questo, il genovese può recuperare un suo spazio anche in una società plurietnica e plurilingue come quella che si va predisponendo, anche perché difficilmente, nella Liguria di domani, potranno affermarsi condizioni di serena convivenza senza il rispetto e la reciproca conoscenza della diversità culturale di cui l'uso parlato e scritto del genovese è un esempio. Perde così progressivamente rilievo l'importanza della raccolta e della catalogazione fini a se stesse in quanto elementi di valorizzazione del patrimonio linguistico, e diventa sempre più attuale l'esigenza di una sua proposta funzionale ed organica a un progetto complessivo di democrazia culturale.
    In questo senso è decisamente centrale il ruolo propulsivo che può essere svolto dalla dagli enti locali, dalla scuola, dalle istituzioni culturali, dai mass-media, non solo per aiutare a trasmettere il patrimonio linguistico regionale, ma anche per contribuire ad assicurargli visibilità e presenza nella società contemporanea.
    Acquisire e trasmettere la coscienza dell'importanza e della dignità di un bene culturale fondamentale come il patrimonio linguistico regionale implica quindi praticarne l'utilizzo anche in quegli ambiti, come la toponomastica, che rappresentano altrettante occasioni per ribadirne la funzionalità, comunicando attraverso di essa il valore concreto e simbolico dell'utilizzo vivo dell'idioma.


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    Per saperne di più.
    Lo studio del patrimonio linguistico ligure prende avvio nel secolo scorso, su filoni di approfondimento scientifico e di divulgazione: ambedue i contesti hanno prodotto opere di notevole pregio, anche se di quando in quando viziate da giudizi precostituiti o legate a interpretazioni condizionate da particolari momenti storici.
    Si tralasciano qui le opere eccessivamente specialistiche e quelle disperse su riviste, privilegiando invece i lavori più facilmente reperibili in commercio e indirizzati, con caratteri di buona attendibilità, a un pubblico ampio.
    Bibliografie: è fondamentale la Bibliografia Dialettale Ligure, A Compagna, Genova 1980, con l'Aggiornamento 1979 1993, id.
    1994, nella quale sono raccolte indicazioni bibliografiche relative a tutti i testi letterari in genovese e nelle parlate liguri e a tutti gli studi linguistici.
    Vocabolari: ne esistono molti dedicati a singole parlate liguri, e uno a carattere regionale, il Vocabolario delle Paliate Liguri in quattro volumi, curato da autori vari e pubblicato dalla Consulta Ligure tra il 1985 e il 1992: esso raccoglie le varianti dei diversi lemmi, ordinate a partire dalle forme più arcaiche, e trascritte in una grafia di carattere fonetico che non riflette le consuetudini dell'uso letterario genovese; per questo aspetto resta ancora valido il Dizionario Genovese-Italiano di Giovanni Casaccia, Genova 1876, disponibile in diverse edizioni anastatiche come gli altri vocabolari tradizionali (Olivieri, Frisoni, Gismondi).
    Recentemente (1998) è stato pubblicato da Vallardi un pratico Dizionario tascabile genovese-italiano e italiano-genovese
    Grammatiche: La Grammatica del genovese di Fiorenzo Toso, edita nel 1997 da Le Mani sotto gli auspici della Provincia di Genova e di A Compagna è l'unica realizzata con criteri aggiornati e tenendo conto degli usi grafici tradizionali.
    Storie e antologie della letteratura: La più completa è finora quella di Fiorenzo Toso, Letteratura Genovese e Ligure. Profilo Storico e Antologia, Marietti, Genova 1989-1991, in sei volumi. Entro il 2001, dello stesso autore sarà disponibile una nuova Letteratura in genovese edita da Le Mani in tre volumi illustrati di grande formato, della quale è uscito finora il primo, dedicato al Medio Evo. Dello stesso autore è uscito un Prof,ì d'istòia da lettiatùa zeneise in edizione bilingue (A Compagna, Genova 1998) e l'antologia con commento Nave ganti do rie. Poesia in genovese del Novecento, numero monografico della "Rivista in forma di Parole" di Bologna (1999).
    Edizioni di testi: Si segnala la collana "A Parma" della Casa Editrice Le Mani di Recco, che pubblica in volumetti a prezzo popolare testi antichi e moderni in edizioni filologicamente accurate. Si segnalano in generale le opere pubblicate dalla società A Compagna, ora inserite in una collana di "Quaderni Genovesi di Lingua e Letteratura".
    Descrizioni dell'area linguistica ligure e storie linguistiche: riguardo alle descrizioni, se per le indicazioni generali si rimanda ai manuali di dialettologia italiana e di filologia romanza, per gli aspetti specifici occorrerebbe fare riferimento a pubblicazioni specialistiche.
    L'unica storia linguistica esistente è quella di Fiorenzo Toso, Storia linguistica della Liguria, della quale è uscito però soltanto il primo volume dedicato al Medio Evo (Le Mani, Recco 1995), che comprende anche una sintetica descrizione delle parlate liguri e del genovese in particolare.

    SEGNALETICA STRADALE E IDENTITÀ' LOCALE

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    I cartelli di località in Valgraveglia Nel 1997 Sergio Circella, presidente della Pro-loco Ne-Valgraveglia mi aveva chiesto di aiutarlo a progettare un sistema di segnaletica stradale per comunicare, in modo coerente e coordinato, le località, i produttori e i siti di rilevanza storica e turistica. Sulla segnalazione di produttori e siti si poteva lavorare con limitata libertà, ma sulle località pareva che, oltre al dettato del Codice della strada, non ci fosse molto da dire. Però, rispettando alcune norme non derogabili, una cosa la si poteva fare, ed era porre in evidenza i nomi locali, nel Genovese della Valgraveglia, scritti secondo la grafia tradizionale.
    II senso di questa operazione non era (non è) certamente fare professione di localismo, ma dichiarare alla gente che la loro lingua - e quindi la loro cultura - è importante e non va tenuta nascosta, ma merita di essere messa in buona vista, anche a fianco dei cartelli stradali. L'iniziativa è piaciuta all'Amministrazione comunale di Ne e alla Provincia di Genova, con l'appoggio delle quali in pochi mesi si è passati dal progetto alla realizzazione.
    La prima fase dell'intervento ha richiesto un'attenta ricostruzione della toponomastica locale, basata su fonti storiche, in particolare sulla cartografia. Questo ha permesso di discutere la legittimità di alcuni nomi [per esempio: Reppia al posto di Corte, Pòntori al posto di Prato di Pòntorr, Ne al posto di Campo di Ne] ripetuti nelle carte più recenti senza corrispondere al nome storico delle località né a quello sedimentato nella memoria degli abitanti. In alcuni casi sono state anche corrette le storpiature dovute all'incomprensione dei cartografi [per esempio Carron invece di Carrou, San Buceto invece di Sambuceto].
    Quindi siamo passati alla raccolta dei nomi locali, così come li pronunciano gli abitanti di quelle stesse località.
    Con un registratore e in compagnia di Fiorenzo Toso, intento a tradurre i toponimi in scrittura fonetica, ho intervistato due persone per ogni località scelte con tre requisiti: che avessero più di cinquantanni; che fossero nate in quella località; che vi fossero sempre vissute. Solo nel caso in cui le testimonianze risultassero poco o tanto discordanti sono stati scelti altri due testimoni dotati dei medesimi requisiti. F importante che i testimoni siano originari della località della quale si cerca il nome, perché l'elevato particolarismo linguistico fa sì che lo stesso villaggio possa essere chiamato con nomi diversi da abitanti di località diverse, benché vicine. Di più: la gente del posto conosce bene anche le eventuali suddivisioni della stessa località e i nomi particolari per distinguere l'eventuale parte "bassa" da quella "alta"; ne offre un buon esempio Castagnola, dalle altre frazioni chiamata semplicemente Castagneua, ma che la gente del posto distingue in In fondo d'àila (per la parte inferiore a 250 m. slm) e In co d'àila (per la parte superiore a 400 m. slm). In questi casi, sui cartelli, oltre al nome locale della frazione è stato aggiunto tra parentesi anche quello della sotto-frazione.
    La scelta di valorizzare la pronuncia locale ha, inoltre, evitato di tradurre nella più corrente forma del Genovese cittadino alcune particolarità della Valgraveglia e, più in generale, del Levante ligure. Penso a Chiesanuova e Friso/ino che in Genovese corrente suonerebbero Geixaneua e Frexouin, mentre in Valle si dice Geiscianeua e Fresciouin.
    Fino a oggi sono stati preparati i cartelli per tutte le località di fondovalle (quelle attraversate dalla strada provinciale) e per le principali località interne (comprese tutte le sedi di parrocchia). Quando le risorse lo renderanno possibile verranno preparati anche i cartelli riguardanti le località minori e i nuclei abitati: in questi casi, spesso non esistendo una traduzione italiana, il cartello non sarà più bilingue, ma conterrà il solo toponimo reso in Genovese, secondo (naturalmente) la parlata locale.



    tabella1


    tabella2



    Testo di Massimo Angelini e Fiorenzo Toso Tratti da "Per conoscere il genovese"

    Fotografie provenienti dall'archivio della Provincia di Genova
    le foto sono inserite a solo scopo ludico/culturale, NON si intende violare alcun diritto d'autore

    Continua....
     
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